11 marzo 1977,  i fatti che hanno sconvolto Bologna

Una testimonianza.

Il 10 marzo di allora ero ad Arezzo insieme a mia moglie, in una gita di alcuni giorni di ferie in Toscana. La sera cenammo in un un bar che aveva la tv accesa. Durante il telegiornale comparve il volto di Aldo Moro, se non sbaglio allora segretario della Democrazia Cristiana e primo ministro, il quale affermò:' non ci faremo giudicare nelle piazze', riferendosi al fatto che per la prima volta in Italia il Parlamento aveva dato l'autorizzazione a procedere alla magistratura, per processare due ministri:   Gui, demoocristiano, e Tanassi, socialdemocratico, con l'accusa di corruzione per aver preso mazzette dalla Lockhead per l'acquisto di aeroplani per l'Aviazione militare italaiana.

I giornali dell'11 marzo escono con la notizia dell'impeachment in prima pagina.
Verso le 11 del mattino la polizia viene chiamata all'interno dell'università, violando un privilegio plurisecolare di extraterritorialià ( violato solo un'altra volta durante il fascismo)  da un rettore, guardacaso, democristiano.   
La ragione addotta è che due aderenti al movimento studentesco, tutti da soli, avrebbero bloccato e sequestrato una quarantina di appartenenti a Comunione e liberazione riuniti in un'aula dell'Ateneo.
Per questo la polizia entra e insegue gli studenti che scappano via. Un poliziotto spara miratamente e ad  altezza d'uomo ad un gruppetto che sta scappando lungo via Mascarella ad un centinaio di metri da lui e uccide Francesco Lorusso 20 anni, studente di medicina.

I giornali escono con questa notizia in prima pagina in edizione straordinaria, relegando il caso Lockhead alle pagine interne (qualcuno si ricorda che cosa ne è stato poi?).

Il processo ha dimostrato vero questo fatto. Il poliziotto è stato in seguito solo trasferito.
La notizia si sparge immediatamente per tutta la città. All'una la gente, una stragrande folla di abitanti di quella che allora era una delle più civili città italiane si spande in piazza e dà avvio ad una manifestazione spontanea. La reazione della polizia è durissima, in via Rizzoli, la via centrale di Bologna, da un lato della strada non si vedeva l'altro per i lacrimogeni,   gente che si è vista sparare lacrimogeni in casa solo perchè guardava dalla finestra cosa stava succedendo in strada ecc.

La sera dell'11 ritorniamo a casa, io e mia moglie,  senza avere notizie di quello che era successo, per le nostre peregrinazioni in auto, e apprendiamo solo al mattino seguente la notizia dei fatti accaduti.
Accendo quindi  la radio, sintonizzata fissa su Radio Alice, e accendo il registratore con una bobina di lunghissima durata (purtroppo andata persa nei giorni successivi) per memorizzare lo svolgersi dei fatti in corso..
Nella tarda mattinata LoMastro,capo della squadra mobile, telefona in radio (tutte le telefonate erano mandate in diretta, una caratteristica di Radio Alice) chiedendo di poter parlare con i dirigenti (che non esistevano tra l'altro come tali, vedi più avanti) per poter acquisire la  testimonianza resa il giorno prima alla radio da parte di chi aveva soccorso per primo  Lorusso ucciso proprio al suo fianco.
Una parte di quelli che erano soci della cooperativa proprietaria della radio  però quel giorno erano a Roma per una dimostrazione e quindi Lomastro chiude la telefonata. Ma in seguito, quando avrà la possibilità di parlare direttamente con quelli della radio nel suo ufficio, tra cui io, non  ripeterà mai la sua richiesta, tanto che a noi è sembrato un tentativo di avvertimento per qualcosa che era nell'aria ma a cui lui era contrario.

Verso le due decido di andare in radio, sia per avere più facilmente notizie sia in aiuto proprio perchè molti erano alla manifestazione a Roma.
Fuori, in città, le manifestazioni continuano e la radio dà notizie in diretta con le tefonate dei partecipanti.
A metà pomeriggio arriva una telefonata anonima in cui si afferma che la polizia è sul punto di fare una perquisizione in radio.
Io e un compagno presente decidiamo di liberare la sede dalle dalle bottiglie di birra e di Coca-cola vuote onde evitare che nuovamente il Resto del Carlino
(allora il giornale locale di Bologna) titoli a caratteri cubitali (  come aveva già fatto, con grande serietà  e deontologia professionale, in una perquisizione nella Casa dello studente): 'Sequestrate molotov scariche'.
Inoltre decidiamo di portare via gli schedari degli abbonati per evitare che questi vengano coinvolti in problemi legali pur non essendo responsabili di niente.
Poi ci mettiamo ad aspettare tranquillamente l'arrivo della della polizia che però non si fa vedere.

A questo punto è giusto spiegare che cosa era Radio Alice.
Nel 1975 c'era stata la sentenza della Corte costituzionale che dava via libera a radio e televisioni private di carattere locale, una battaglia durata più di un ventennio dal caso dell'Isola delle rose,una piattaforma ubicata in acque internazionali all'altezza di Rimini passando per quella di Danilo Dolci in Sicilia, chiuse dall'intervento della polizia, su mandato del governo democristiano di allora che non tollerava critiche o voci alternative.
Subito dopo la sentenza alcune persone, tra cui mio fratello, misero su una radio con un trasmettitore residuato militare, ma durò poco più di una mezzora a causa della fusione della valvola finale di trasmissione.
Ma l'idea andò avanti e formammo una cooperativa con lo scopo di dare vita ad una radio aperta a tutti ed in particolare al movimento studentesco per creare una fonte di informazione alternativa  in quella 'Bella addormentata nel bosco' che era Bologna ed a fornire a chi fosse stato interessato degli strumenti di esperienza nel campo della comunicazione. Non è un caso che Maurizio Torrealta, per  anni direttore di RAINews24 venisse proprio dall'esperienza di radio Alice e che la maggior parte dei soci venisse dal DAMS (Dipartimento di Arte Musica e Spettacolo) dell'Università di Bologna.
Così risolti un po' di problemi, di tipo tecnico e finanziario  in particolare,  ai primi del 1976, uscimmo con una trasmissione di prova costruita lì per lì e, confesso, con un linguaggio molto studentesco. Ma stranamente, nonostante la bassa portata e l'orario,  qualcuno la ascoltò e l'indomani Il resto del carlino, parlò di un a nuova radio che chiamò 'pornoradio' per il linguaggio usato. Il nome di Alice era stato scelto da "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carrol a cui spesso veniva poi fatto riferimento.

Di comune volontà i soci della cooperativa rinunciarono a creare un organigramma e ai palinsesti, a parte la designazione di un Direttore responsabile a norma della legge sulla stampa, perchè l'avevamo definita testata giornalistica, pur non essendo  previsto per una radio.
In altre parole, a parte alcune rubriche fisse, come ad esempio "Vissi d'arte vissi d'amore" (da Tosca di Puccini), sull'opera lirica, nessuna trasmissione era programmata in anticipo. Chiunque poteva venire in via del Pratello 41, la sede, e se il microfono era libero, iniziare una trasmissione, immettendo così nella trasmissione il suo stato d'animo e la sensazione dell'ambiente del momento, rendendola concreta ed immediata all'ascoltatore. Era una radio 'acefala', cioè senza un capo, come la definì poi Umberto Eco. O 'la radio più bella del mondo' come la definì qualcun'altro. Alcuni proprietari di radio alternative con cui  eravamo professionalmente in contatto io e mio fratello, alla domanda come andassero le loro radio ci risposerero che non lo sapevano perchè loro erano troppo impegnati ad ascoltare radio Alice.
Un'altra caratteristica era l'uso continuo della diretta telefonica, una diretta diretta, non diretta censurata e posticipata come quella della RAI. In seguito proprio all'uso della diretta in radio Alice,  anch'essa  ha cambiato il suo modo d'uso. La cosa è certamente impercettibile a chi non ha vissuto questa esperienza ma pur sembrando  incredibile, i contatti tra la RAI e la 'piccola Alice' ci sono stati. D'altra parte i fatti di quei giorni sono stati riportati e argomento di discussione a livello internazionale tanto da meritarsi una copertina del Time.
La radio si autofinanziava con spettacoli, pubblicità a soggetti di tipo culturale, contributi spontanei degli ascoltatori, una parte dei quali avevano sottoscritto un abbonamento mensile come se, ed in alternativa, Radio Alice fosse la RAI

Torniamo al racconto.

Poichè la polizia non arriva ci rimettiamo alle solite cose. Pian piano la radio si riempie, le telefonate aumentano, e ci troviamo a svolgere l'imprevisto compito di direttori del traffico stradale. Molti ci telefonano per sapere quali strade sono percorribili e quali no per le manifestazioni. Decidiamo di costituire una specie di reportage diretto dalla città mandando alcuni con i baracchini CB in modo che possano darci una visione più reale ed immediata della situazione esterna, perche molte telefonate non sembrano del tutto esatte. Non ci riusciamo perchè in quel momento, verso le undici, la polizia chiude completamente via del Pratello. Un compagno che viene su per le scale per avvertirci viene fermato.
La polizia bussa alla nostra intimandoci di aprire. Da quello che riusciamo a vedere la scena è spaventosa: poliziotti minacciosi con in braccio le mitragliette pronte. Mio fratello si riferirà poi a questo ricordando  "Il Caso Caterina Blum" un film che fece molto scalpore sul modo di intervento della polizia tedesca.
Io urlo attraverso la porta di aspettare l'arrivo dei nostri avvocati.
Tutti i presenti in quel momento in radio escono sul tetto da un lucernaio e vanno via. Restiamo io e mio fratello sia per proteggere le apparecchiature sia per la nostra passata militanza poltica nel campo nelle lotte nonviolente, più difficili da attaccare su questo piano a chi aveva un interesse contro l'esistenza della radio, oltre ad altri due che non so perchè siano rimasti.  Dal punto di vista personale io e mio fratello eravamo tranquilli ed abituati a subire, per le lotte politiche precedenti, fermi e perquisizioni che si chiudevano regolarmente con un nulla di fatto. Ma la radio dà troppo fastidio e questa volta non succede così.
Via del Pratello è in stato d'assedio. Mia moglie e l'altro mio fratello venuti a prendermi sono bloccati sulla porta e gli viene detto che probabilmente ci sarà un conflitto a fuoco. così anche ad un avvocato del Collettivo giuridico di difesa venuto per l'assistenza legate, come previsto per legge durante una perquisizione od un arresto se fosse  il caso, viene impedito di esercitare le sue funzioni.

Dopo un po' di tempo, forse una mezzoretta, l'irruzione della polizia. L'appartamentino che costituiva la sede della radio era composto da due stanze. Tra quella usata per la trasmissione e quella d'ingresso c'era una larga fimestra semicircolare che permetteva di vedere chi c'era dall'altra parte. Al momrento dell'irruzione ci mettemmo appoggiati al vetro della finestra con le braccia alzate ben visibibili ai poliziotti mentre mio fratello gridava forte 'Sono entrati. Sono Entrati. Siamo cone le mani alzate.Siamo con le mani alzate' perchè il microfofono acceso mandassse sicuramente in trasmissione quello che stava succedendo, mentre gli altoparlanti di monitor ripetevano nell'altra stanza alla polizia quello che andava sull'etere.
Sono convinto tuttora che siamo ancora vivi per quel microfono acceso che testimoniava agli ascoltatori (che ho stimato in almeno 30000 in quel momento) la nostra resa senza violenza. Credo che la polizia ed il governo (col tacito appoggio del PCI a cui davamo molto fastidio) avrebbero desiderato invece una risposta violenta per giustificare una maggiore repressione sulla città, compreso la chiusura di altre radio libere, come Radio Città (oggi Radio Città del Capo) e L'aradio ricerca aperta (poi chiamata dalla stampa 
radio LARA dall'acrostico ), testimoni scomodi di quello che aveniva a Bologna.
Fummo portati in questura, meno mio fratello che era riuscito a convincere il funzionario di turno a procedere ad uno smantellamento ordinato delle apparecchiature senza distruzioni inutili.
Furono chiamati anche i Vigili del fuoco per smontare l'antenna, ma quando questi videro come era fatta si rifiutarono di smontarla e mandaraono a quel paese (col gesto dell'ombrello) la polizia. Questa quindi si limitò a tagliare il cavo dove riuscì ad arrivare.

In questura, tanto per graditre, fummo portati nell'ufficio di fianco a quello di Lomastro, e sottoposti a pugni, calci ed altro. A me andò anche bene, essendo entrato per ultimo la furia si era già attenuata. Se mi avessero colpito alla schiena a quest'ora girerei su una sedia a rotelle per una vertebra schiacciata che avrebbe potuto spostarsi e comprimere il midollo spinale. Comunque riuscii anche a calmarli un poco facendo loro capire che in quel momento erano strumenti inconsapevoli ma funzionali a chi si opponeva alla demilitarizzazione della polizia e alla possibilità della rappresentanza sindacale, sul tavolo di trattative, ma osteggiata fortemente da alcune forze politiche.
Anche mio fratello, arrivato più tardi dopo aver aiutato a smontare correttamente le apparecchiature, fu spolverato un po'.

Dopo di chè fummo portati nell'ufficio di Lomastro, il quale si scusò, non mi ricordo neanche di cosa tanto questa era importante e tentò di giusticare la sua telefonata del mattino.  Poi fummo condotti al resort 'San Giovanni in Monte' ex-convento allora adibito a dimora temporanea dei cattivelli (ma anche di buoni che poi venivano regolarmente scarcerati mesi o anni dopo, quando qualcuno finalmente si rendeva conto che non avevano commesso niente di illegale).
L'incartamento fu passato al giudice Katalanotti (con la kappa come lo chiamavamo noi) il quale si mise disperatamente a cercare chi fosse a capo del complotto che aveva voluto distruggere la città, mentre fuori i carri armati presidiavano l'Università. A me questo ricordava la situazione della dittatura militare in Grecia, ma non ne ho fatto cenno a nessuno per non rischiare una ulteriore accusa di vilipendio alla Democrazia Cristiana, che era ben più potente dello stato.

Il complotto non fu mai dimostrato anche se era sotto gli occhi tutti, ma era dal'altra parte rispetto a dove il giudice lo cercava. Bastava guardare alla 'DC connection': Guy -- Moro -- DC -- Rettore Unuiversità -- Polizia.
D'altra parte il Katalanotti era uno che non mollava anche e soprattutto davanti all'evidenza. Il procuratore, che era sì un figlio di buona donna ma intelligente, alla fine svicolò, mentre Katalanotti continuava ad indagare, finchè non gli tolsero il dossier sottomano ormai inusabile politicamente e soprattutto controproducente. Che Katalanotti non avesse una brillante intelligenza fu poi reso
chiaro dal fatto che arrivò ad arrestare (lodevolmente) un generale dei carabinieri sorpreso in una bisca clandestina e finì cosi i suoi giorni a recuperare crediti presso uno studio legale. Amen.

Il 13 alcuni compagni ritornarono in radio  e si riallacciarono al cavo tagliato trasmettendo sino al successivo arrivo della polizia. Mentre fuggivano di nuovo sui tetti i poliziotti si chiedevano 'ma sono gatti questi?' In effetti qualche simpatia la godevamo da parte dei vicini, e quando quelli fuggiti alla prima chiusura, stavano per scendere le scale del palazzo a fianco, qualcuno li fece nascondere nel sottotetto dicendo: 'aspettate fino a quando vi avvertiamo noi che la strada è libera' e così fu.
Il giorno dopo ancora L'Aradio Ricerca Aperta, l'unica radio che trasmetteva in ode medie, diede ospitalità ad altri compagni finchè anche questa non fu chiusa e smantellata (dovendo pure chiamare una autogru per portare fuori il trasmettitore che non era del tutto portatile) e i presenti furono portati anche loro al resort (ora spostato a via del Gomito in periferia).
Così lì ci trovammo in 5 (da radio Alice compreso l'avvisatore fermato sulle scale) + 3 da L'Aradio Ricerca Aperta + una ventina di studenti raccattati sugli autobus perchè trovati in possesso di limoni + altri ancora arrestati perchè stavano tentando di assaltare militarmente
il palazzo della prefettura di Bologna con quelle micidiali armi  di attacco che sono le mani nude .
Iniziammo uno sciopero della fame per forzare Katalanotti a decidersi ad interrogarci, lasciando per un momento da parte le esternazioni sui media che gli davano lustro sì ma che lo distraevano dalle indagini.

Il clima fuori era estremamente pesante, con tutta la stampa contro, Lama che afferma 'Siamo in guerra e dobbiamo combattere' dividendo così gli iscritti al sindacato che non sapevano più dove stare se nella manifestazione dei sindacati o in quella contemporanea degli studenti. E il PCI allora e da 30 nni al governo della città dov'era?  Nascosto, i dirigenti convinti che ci fosse in atto un colpo di stato si erano nascosti presso conoscenti per non dormire nel proprio letto. Il sindaco, "Zangheri for pepsodent", aveva le mascelle bloccate nel celebre sorriso che lo rese una star.
Un conoscente, piccolo funzionario del PCI, mi disse:" Il partito non ha ancora digerito il '68 come vuole che possa capire quello che è successo adesso?". Questa è una caratteristica che poi il PCI  ha portato in dote in seguito alla Quercia e al PD.

Veniamo finalmente interrogati e nonostante che ad ogni mia contestazione sui punti del suo rigetto alla domada di scarcerazione (allora non esisteva il Tribunale del Riesame) dicesse  'Si, ma la cosa non ha importanza' non cambia idea, nonostante il fatto che  uno dovrebbe poi chiedersi: se non c'è niente di importante, perchè una persona per un niente di importante deve rimanere in carcere?  Questa sì che è una cosa veramente importante.

Continuamo la protesta. Veniamo mandarti a Parma dove c'è il centro clinico per i detenuti, ma lì ci rimandano indietro dopo qualche giorno perchè non ci possono fare nulla se uno non vuole mangiare.

Una cosa divertente: il trasferimento era stato deciso per un venerdì, giorno senza possibilità di visite, perchè non si venisse a sapere in giro ed evitare così manifestazioni di supporto.
Ma quando uscimmo ad aspettarci c'era una piccola folla di persone a salutarci. Non solo, ma a Parma prima ancora che  al carcere sapessero del nostro arrivo era giunto un telegramma di sostegno dal Partito Radicale da Roma e da una radio locale messaggi di auguri e saluti per noi.
In procura non hanno mai capito perchè quelle persone fossero a conoscenza del trasferimento nonostante le loro precauzioni.
Semplice, perchè loro non conoscono neanche la realtà di un carcere.
Quando seppi che stavano per trasferirci, mi rivolsi ad uno dei detenuti e gli chiesi di avvertire la mia famiglia. Lui mi rispose 'Appena esco per portare il pattume nei bidoni vado al bar e telefono'.
Costui era il sostegno e chi garantiva il funzionamento del carcere. L'ho visto redarguire delle guardie carcerarie e questi stare in silenzio senza fiatare. Tutte le mansioni importanti all'interno del carcere le svolgeva lui. Sembra incredibile ma era la normale realtà.

Ritornati  a Bologna veniamo a sapere che il giorno prima c'era stata una evasione da parte di un gruppetto di militanti di destra (ripresi poi qualche giorno dopo), che avendo fatto un buco nel muro (!) avevano reso inagibile una zona del carcere.
Vengono trasferiti in due, come prima tranche, al carcere di Modena, considerato il più duro della regione, nel quale un detenuto si era tra l'altro impiccato ad una inferriata a 130 cm di altezza, anche se non risulta fosse un nano.
Uno di questi due era mio fratello. Alla sera nella sua cella entra una squadretta punitiva.  Viene picchiato con violenza e la sua testa viene ripetutamente sbattuta contro il muro tenendolo per i capelli
(allora lunghi), tanto che  molti vengono strappati.  A tutt'oggi li conserva come testimonianza.
Poi i secondini si scuseranno adducendo un errore derivato dal fatto che nel foglio di accompagnamento c'era scritto 'in seguito alla nota evasione si trasferisce ..', come se l'eventuale partecipazione alla evasione desse poi loro il diritto di sfogare il loro sadismo su una persona, tra l'altro neanche ancora condannata per questo fatto. Non dirò cosa hanno fatto all'altro, uno dei militanti di destra, con i quali, pur essendo di posizioni totalmente differenti e inconciliabili, avevamo un rapporto di rispetto e solidarietà.

Io sono stato rtrasferito il giorno dopo, e ho ricevuto la notizia da un detenuto in transito da là. Mi aspettavo il peggio ma per mia fortuna avevano gia capito l'errore.
Comunque è stata la notte peggiore della mia vta, passata senza dormire a controllare che mio fratello non accusasse un forte male di testa, sintomo di commozione cerebrale,  in tal caso ero deciso a mettermi ad urlare fino a chè non l'avessero portato all'ospedale, anche a costo di farmi a mia volta ammazzare.  
La mattina dopo c'erano le visite. Per fortuna la prima fu dell'avvocato, che potè così preparare i miei alle condizioni di mio fratello. Mia madre era una che non si metteva a piangere e a urlare, ma appena arrivata a casa si attaccò al telefono e chiamò tutti quelli che conosceva e  pensava potessero servire: un medico, il magistrato di sorveglianza, un amico di famiglia che lavorava nella redazione di un giornale, una parlamentare con cui avevamo condiviso le lotte per l'obiezioni di coscienza, amici, parenti ecc.
Perchè, come aveva predetto l'I King (vedere cosa è su un'altra pagina su questo sito), era il momento in cui 'bisogna mobilitare gli eserciti'.
Il giudice di sorveglianza ci assicurò che saremmo usciti dopo una settimana e così fu, anche per gli altri.

Un medico conoscente iscritto al PCI si rifiutò di visitare mio fratello perchè così aveva disposto il 'Partito', mentre un altro un po' più intelligente e vicino accettò nonostante le sue direttive contrarie.
Il capo della squadretta fu poi trasferito in Sardegna dandogli quindi la possibilità di vessare altri. D'altra parte, nonostante siano passati 40 anni, questi fatti sono ancora del tutto normali, come dimostrano il caso Cucchi ed altri simili venuti fuori sulla stampa, non sono un'eccezione.

Katalanotti continuò, usciti noi, a mettere dentro al nostro posto altri.  Ma poi tutto è finito in una bolla di sapone. Nessuno degli arrestati di allora è stato condannato.

Il nostro iter finì 7 anni dopo, con una seconda assoluzione. Il divertente è che sia nel processo di primo grado  che in quello di secondo l'assoluzione l'ha chiesta l'accusa non la difesa che quindi si è solo accodata.
Ora ad una persona di intelligenza normale dovrebbe sorgere spontanea una domanda: se l'accusa non ti accusa perchè si fa un processo? Misteri della psiche italiota.


Su questi fatti vi invito a godervi il film 'Lavorare con lentezza' di Guido Chiesa disponibile anche su DVD. A parte la storia dei due ragazzi che scavano il tunnel, pretesto del film, e la storia d'amore tutto il resto è vero compreso il cuoco e la colonna sonora finale dei titoli che è la registrazione originale degli ultimi minuti della radio, compreso il rumore del cavo del microfono che viene strappato dalla polizia.
 Inoltre esiste il sito dedicato a   
Radio Alice . Se digitate manualmente l'ndirizzo radioalice.org, atttenti al suffisso .org non .it o .com!

Nota: non riporto nomi perchè non so se le persone a cui mi riferisco desiderano essere nominate.
 La maggior parte di queste sono ancora vive e possono testimoniare sui fatti. A parte Catalanotti e Lomastro che, se dio esistesse, proverebbero ora cosa vuol dire essere giudicati, come in 'Non all'amore non al denaro non al cielo' di Fabrizio de André fa il giudice che non conosceva "la statura di Dio".

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