A mia madre

Dietro un grande uomo c'è quasi sempre  una grande donna.


Perchè parlare di mia madre e a chi può poi interessare?

Per mio padre Umberto Minnella c'è un intero sito a lui dedicato, umbertominnella.it,  in cui sono descritte ed illustrate le sue opere, e chi è interessato puo' conoscere molte cose di lui.
Ma senza mia madre, che gli è rimasta vicino per tutta la vita, probabilmente non sarebbe stato quello che è stato e  non avrebbe dipinto forse un solo quadro.


Elena Zucconi Minnella

Allora, lasciatemi dedicarle almeno una pagina. Inoltre la sua storia, che non è dissimile dalla storia di molte altre donne del suo tempo, può darci l'idea e la sensazione di momenti passati che hanno determinato fortemente il nostro presente.

Elena Zucconi nasce a Bologna il 16 aprile 1915, in una famiglia di condizioni modeste, il padre Tersillo Zucconi, era muratore e la madre Enrica Fiorini gestiva un piccolo negozio di merceria. A 7 anni frequenta la scuola all'aperto  Fortuzzi, una scuola allora sperimentale  già a tempo pieno (parliamo del 1921!), di indirizzo montessoriano, in cui i bambini studiano (è tuttora attiva) in  piccole palazzine che contengono ciascuna  un'aula sola, in mezzo agli alberi, la maggior parte lecci. Spesso, quando la stagione lo permette, i banchi vengono portati fuori e le lezioni vengono tenute in mezzo alla natura dei Giardini Margherita.

Lasciamo ai suoi ricordi diretti le sue impressioni  di quegli anni.

"     Io sono stata fino agli otto  anni quel che si dice figlia unica, contornata da vecchi cugini che facevano a gara a viziarmi.
Uno in particolare con la moglie Teodora, tipico bolognese alla Balanzone che, quando si arrabbiava,il suo unico improperio era "Boia d'un psen" (pesciolino) e che possedeva a casa un piccolo cofanetto antico oggetto del mio desiderio.
Un altro cugino presidente della gioventù cattolica della parrocchia che sudò sette camicie per mettermi in quella fila, ma non ci riuscì.
Del resto la mia famiglia non brillava per zelo religioso. Mia madre quando riusciva a trovare un momento giusto diceva al parroco: che lei non aveva ammazzato, non aveva rubato, lavorava per la sua famiglia per cui non sembrava ci fosse altro  da dire e da fare.
Mio padre, a seguito di una brutta esperienza,
[ se lo vedeva  n.d.r.] voltava l'angolo ed andava da una altra parte.
Ci eravamo trasferiti dalla casa di mio padre presso le  scuole in via Maggiore 50 dove sono nata in via Santo Stefano 122, la quale casa aveva solo in cucina la luce a gas che era bianca e luminosa, col gabinetto col biron (chiedetelo ai bolognesi come era)  in compenso un bel focolare in cui mio padre si divertiva a far la polenta ed ogni tanto la polenta di farina di castagne. Chissà se c'è ancora qualcuno che la sa fare.
Era talmente freddo che la mattina inaugurai quella casa con un fatto. Era venuto da noi un signore non so a quale scopo, con un bel cappello di paglia che appoggiò su una sedia. Mi piacque tanto, forse assomigliava al mio vasino, fatto è che ci feci dentro una bella pipì. Ricordo ancora la faccia costernata  di questo poveretto e dei miei genitori.  Bè, avevo poi tre anni.
Sui sette anni ebbi delle febbri reumatiche fortissime e veniva farci da dada una vecchia vicina, la quale mi riempì di favole e di racconti che mi fecero diventare paurosa. Nelle case di allora in genere  non c'era l'acqua corrente. Anche noi andavamo a prenderla nel cortiletto adiacente.
Crescendo, mia madre mi mandava a prendere l'acqua con mio grande terrore del buio, che però non volevo confessare. Una sera (sui tredici anni) stanca ed arrabbiata con me stessa mi feci un bel discorsino e da quella sera finii di essere paurosa.
Pensare che sotto quel cortile scorreva uno dei tanti fiumetti e fiumiciattoli che solcavano Bologna, forse quello che veniva dai Giardini Margherita.
A proposito dei quali sarebbe bene conoscere chi in quelle epoche ebbe la bella idea di chiudere tutto sotto Bologna.
Ricordo ancora a Porta Castiglione quando noi ragazzi ci fermevamo a guardare le lavandaie che ai margini del fiume su appositi lavatoi di pietra lavavano e sciacquavano i panni. Ricordo bene anche la via Riva di Reno perchè a fianco del canale c'era l'ospedale Maggiore così chè capitando spesso a visitare i vari parenti ricoverati, noi ragazzi ci divertivamo a guardare questo nostro Canale di Reno.
In conseguenza di questa mia febbre, la mia dottoressa che era l'allora molto conosciuta Cantalamessa mi fece andare alla scuola all'aperto Fortuzzi, allora all'avanguardia, non solo in Italia.
Bella esperienza che ha segnato la mia vita.
Bella esperienza scolastica con brave maestre.
A proposito di acqua, poche persone credo abbiano fatto un viaggio sul Navile in barcone. Eravamo in terza elementare con le altre classi della scuola Fortuzzi, una mattina partimmo da Corticella su questi barconi trainati da cavalli sulle due rive del canale fino a Bentivoglio.
L'emozione fu quando al Battiferro fu aperta la chiusa a diga e noi ci trovammo a scendere scendere (a proposito mi hanno detto che il Battiferro è in degrado),

 
 
La chiusa del battiferro cliccare sulla foto per ingrandirla

--- La chiusa del Battiferro sul canale Navile ora---


I miei genitori quando ero bimba ligi al loro credo che era 'come sa di sale lo pane altrui' avevano preso un piccolo  negozio di merceria. Stava a porta a porta con la casa, così chè alle volte per pochi minuti mia madre mi ci lasciava, per andare a vedere in casa il ragù od il brodo.   Passava tutti i giorni una ragazza, alla quale regolarmente facevo le booccacce.
Un giorno, poveretta prese coraggio e mi chiese il perchè. Candidamente le risposi che non sapevo perchè mi stava antipatica.
Da quel giorno mi è divenuta simpatica .
A riprova di quanto la vita sia cambiata in questo secolo  (non perchè ai miei tempi )  oltre ai grandi  cambiamenti , anche nelle piccole cose.
Aspettavamo con piacere la venuta di qualche ospite improvviso, perchè mia madre ci mandava a prendere una giambella1 (semplicissima giambella ...? la latteria vicina che le confezionava nel retrobottega tra un intervallo e l'altro dei clienti.
A proposito di questa latteria, avevano adottata o non so in che modo preso in casa, una ragazzina sui dieci anni la quale faceva di tutto, mi si era molto affezionata essendo anche della stessa età.
 Un giorno mi regalò il libro dei Promessi Sposi, in una bella edizione critica, che ho ancora. Non so come l'avesse avuta, ma non mi interessò granchè allora! Era il mio secondo libro nella mia biblioteca personale. Il primo era stato Pinocchio che avevo vinto come primo premio alla fine della III classe. Ho sempre avuto un debole per i libri. Forse perchè hanno riempite le mie serate di bambina. Allora (per fortuna!!!) non c'era la televisione. La sera i negozi si chiudevano tardi e mentre mio padre rincasava, mia madre rigovernava la casa io leggevo a voce alta libri nuovi che amici miei mi rici...?
Venivano a sentire la signora nostra vicina e la sua figliola. Frequentavamo anche la Corale Euridice, che aveva una buona e volonterosa schiera di dilettanti che si esibivano (gratis)nelle buone come...? del tempo.
Le auto ??? erano poche.

Pensate che da porta Santo Stefano a via Dante erano 2. Una del notaio Rizzoli, proprietario della casa al 130 di via Dante (n.d.r.  in realtà era il n.130 di via S.Stefano) con tanto di garage e autista, e l'altra il sig. Schiavenna, c....?lto che aveva anche una villa sulla Rupe di Sasso Marconi. Confrontare adesso col caos diretto in via Toscana. Ricordo che da Pianoro(?) si veniva con una piccola diligenza (sembrava quella del Far West) con tende in tela che non so come ripararassero dal freddo,  tirata da un cavallo, che faceva scalo a Porta S.Stefano.
L'aereo come lo conosciamo oggi era ancora lontano. C'era qualche eccezionale avvenimento perlopiù vicino ai militari fino a che un uomo da solo, su un piccolo e traballante velivolo ....? parti dalla ......? alla volta di Parigi.
Il mondo in quel giorno fu col naso per aria, e gli strilloni ogni momento vendevano giornali con le ultime notizie, veramente una cosa eccezionale.
L'altro grande avvenimento fu la radio. Allora con l'esperimento di Sidney (
N.d.r. L'esperimento di Marconi di radiotrasmissione intercontinentale con cui accese dalla sua nave al largo dell'Inghilterra le luci pubbliche a Sidney in Australia ) all'altro capo del mondo e la radio che comincia a circolare pian piano in tutte le case.
Quello che poi chiamavo(?) radio(?) Umberto(?) mi regalò una galena un piccolo circuito tondo di fili con a lato una piccola cassetta. Si doveva star con le orecchie inchiodate al piccolo apparecchio per sentire gracchiare quelle che a noi sembravano parole magiche
In casa finalmente comprammo una radio di seconda mano e tutto il tempo disponibile stavamo ad ascoltare. 
 
Poi l'esperienza della vita è stata quella di tutti. Crescere, diventare grandi, il lavoro .. sposare, i figli.
Ma alla mia generazione è stato rubato uno beni più preziosi,  la giovinezza.
Cresciuti negli angusti limiti della dittatura fascista, ci siamo trovati in una guerra non voluta, accanto ad un amico che era stato un nemico 25 anni prima.
Una guerra che si  incominciava a sapere che  era stata inutile, voluta dai (come sempre) dalle inutili??? e persone interessate.
Non c'è guerra giusta, guerra santa o comunque la si voglia chiamare. La guerra è solo guerra, inutile stupida criminale sempre e soltanto.
Sempre e soltanto portatrice di immensi profitti a quelle date persone.
Quando si dice per difendere la patria dobbiamo fare la guerra, che intelligenza distruggere questa patria, poi sederci a sottoscrivere la pace! Non è meglio mettersi a sedere prima?
Quando penso alle sofferenze che abbiamo vissuto ( e quanti ancora vivranno) alla fame che abbiamo patito, alle meschinità che, per necessità, c'erano mi indigno, mi indigno fortemente quando sento frasi come "Ma la guerra c'è sempre stata". Perchè c'è sempre stata, nei tempi passati è forse un po' più giustificabile con la fame endemica di allora. Bastava che un  piccolo prepotente che magari aveva ereditato una casa un po' grande ed un pezzo di terra perchè si autoproclamasse reuccio di quel pezzo e promettendo di mangiare almeno una volta al giorno, si accapparrava alcuni cosiddetti fedeli e partisse per  togliere ad un altro uguale a lui la sua casa e la sua terra.
Basta percorrere le nostre belle colline per imbattersi in queste magioni e cagioni (?)
Che poi sono diventati i cosiddetti sangue blu.
Ne ho conosciuti parecchi di questi ultimi, i conti Pepoli e la marchesa Gozzadini, la contessa Bosdari  ( ?) che tutte le mattine da via Santo Stefano 75 accompagnata dal conte di Torino faceva la passeggiata (a piedi) fino ai Giardini Margherita. La marchesa Boschi. la contessa Aria, dinastie in disfacimento e caducità.  
A Bologna un grosso nome aveva adottato la figlia della sua cuoca per continuare la stirpe.  Noi ragazzi guardavamo con un misto di invidia e di pietà questa  prescelta (?) che stava vicino a noi.
Tornando alla guerra ricordate  bambini che è sempre e soltanto una schifezza, proposta da criminali che non debbono avere mai il vostro consenso e aiuto"

N.d.r.  Il testo è manoscritto e dove ci sono punti interrogativi la scrittura non è chiara.

Il rapporto con mio padre inizia nella prima adolescenza, con momenti travagliati,  ma che poi durerà tutta la vita.  Si sposeranno piuttosto tardi, nel 1942 in piena seconda guerra mondiale. Sono momenti estremamenti duri, dove molte famiglie della città, per cercare scampo dal pericolo dei bombardamenti della aviazione anglo-americana, sono "sfollate" cioè vanno a vivere in campagna in paesi vicini (lei nella zona di Casalecchio - Sasso Marconi) ma non troppo alla città. Ma anche vivere lì non è facile. Mio padre allora lavorava in città e tornava in famiglia quando poteva, poi c'erano le cose di tutti i giorni razionate e che potevano esser acquistate in quantità limitata e  controllata  con le "tessere annonarie" . Se le perdevi o te le rubavano restavi senza mangiare.  In più un bambino piccolo da curare e crescere nonostante la carenza di tutto. Poi il fronte della guerra si spostava e allora bisognava prendere su le poche cose e trovare un altro posto dove stare. E il fronte della Linea Gotica da queste parti è stato lungo e pieno di morti.

Mia madre era però un carattere forte, di quelli che che non si scoraggiano e arrendono mai e per nulla .
Un  episiodio che ci aveva raccontato forse lo dimostrerà.
  E' il giorno della liberazione di Bologna (
21 aprile1945) da parte della Resistenza, con le truppe anglo-americane ormai alle porte. Come sempre succede in queste occasioni, chi è complice del vecchio regime  (nel nord c'era la repubblica nazi-fascista di 'Salò' e le 'Brigate della morte' responsabili delle torture e uccisioni di tanti italiani) cerca di fuggire arraffando e rubando qualsiasi mezzo trovi nei dintorni.
Nel  cortile della casa dove abitava allora si presenta un ufficiale repubblichino che tenta di impadronirsi di una automobile che era lì parcheggiata sparando in aria con la pistola come intimidazione.  Mia madre. che  stava accudendo mio fratello Maurizio febbricitante, scende come una furia con il sangue agli occhi ed affronta verbalmente l'ufficiale, dicendo che si doveva vergonare a fare tanto  fracasso mentre  lì c'erano dei bambini che stavano poco bene.  L'ufficiale,  di fronte a quella reazione inaspettata e senza un minimo di attenzione verso la minaccia della sua arma, scappò via.

Poi vengono gli anni  del dopoguerra, con la ricostruzione e il boom economico. Mio padre aveva iniziato una attività commerciale, che se non assicurava  la prosperità o la ricchezza, permetteva però una stabilità economica alla famiglia a cui si erano aggiunti altri due bambini (un altro ancora  era morto per una diagnosi sbagliata ancora a pochi mesi di vita).
Mia madre si divide tra la collaborazione nell'azienda e la cura di noi piccoli. Grande organizzatrice,  riesce a trasmetterci  il senso della indipendenza ed autosufficienza senza la quale forse non sarebbe riuscita a gestire le due cose, ed io anche più tardi,  ragazzino, mi stupivo che dei miei coetanei non avessero le chiavi di casa che io avevo già dai nove anni quando avevo incominciato ad andare alla stessa scuola che aveva frequentato lei ai Giardini Margherita. Un giorno mi aveva preso per mano  e  mi aveva detto 'per attraversare la strada si fa così: prima guarda a sinistra se non arrivano auto poi guarda a destra. e quando la strada è libera, attraversa. Se hai paura e non ce la fai, chiedi aiuto a qualcuno che ti faccia attraversare'. Da allora ho sempre girato per Bologna. bambino, senza la minmima paura e senza chiedere aiuto a nessuno, e nonostante il traffico che non era più quello quasi inesistente  dei suoi ricordi.

Agli inizi anni sessanta il rapporto, mai del tutto tranquillo,  tra mio padre e mia madre ha una scossa. Lei apprende che mio padre aveva avuto un figlio con un'altra donna, ancora nel periodo in cui erano fidanzati. E' un momento di rottura. Mia madre va via di casa per alcuni giorni, poi ritorna  non so se per senso del dovere per i  figli o per amore per mio padre, nonostante tutto, o  forse per entrambe le ragioni. Ritorna "tutto uguale a prima, ma niente è come prima" . Il rapporto sarà sempre conflittuale fino alla morte di mio padre nel 98. Tutti e due caratteri indipendenti, difficili ad arrendersi ad accettare ragioni che non fossero razionali e convincenti, e mia madre aveva forse accettato la situazione, certamanente non perdonato.

Viene il sessantotto, lo sconvolgimento di tutte le consuetuidini di vita fino allora imperanti. Se si analizza il  prima e il poi ci si stupisce di quanto sia stato cambiato a causa di un periodo così breve, pochi mesi, da febbraio a giugno in Italia (io a quel tempo studiavo ad Architettura a  Firenze, una delle punte delle rivolte studentesche), sia nella vita sociale sia all'interno dei rapporti familiari.

Ed in quei momenti sono entrati nella nostra famiglia idee nuove, la nonviolenza e l'obiezione di coscienza in particolare.  E' sorprendente come lei e mio padre poi abbiano accettato e fatte proprie queste idee, in una età in cui le idee incultate dalla educazione ricevuta normalmente vengono riversate acriticamente nella educazione ai propri figli, soprattutto da persone che avevano subito le diseducative idee del fascismo (il rapporto padronale  tra uomo donna, il maschio che era tale se frequentava i postriboli, il disinteresse per la politica, la sottomissione acritica al dettato della chiesa e il suo condizionamento della vita civile ecc.).

Ora che i figli sono già adulti o quasi, le rimane anche il tempo di intervenire anche nella vita sociale. Inizialmente a supporto e protezione del suo figlio più piccolo, Valerio, che, nostante la prospettiva di mesi o forse di anni di galera militare, aveva deciso di fare Obiezione di coscienza. Siamo nel'anno 1970, quando solo pronunciasre queste due parole si rischiava la galera per vilipendio e istigazione ai militari a violare le leggi. Don Milani era stato condannato da pochissiomo per il suo 'L'obbedienza non è più una virtu'.

Pur schiva come era e nella sua timidezza nei rapporti con gli altri, accetta di esporsi a parlare alla radio nella trasmissione 'Chiamate Roma 3131' allora ascoltatissima da milioni di italiani. Valerio era stato arrestato senza che nessuno ne avesse avvertito la famiglia (allora era ancora minorenne, la maggioretà era a 21 anni). Partendo da questo pretesto, con il sostegno pur non esplicito del presentatore Sergio Moccagatta e dell'ospite in studio che era il giornalista Giorgio Bocca, con voce accorata ma anche convinta riuscì a sostenere le ragioni dell'obiezione di coscienza
(qui la registrazione originale).
Ricordare questo episodio mi fa venire in mente  anche la madre del protagonista del film 'Non uccidere', mentre grida dietro al figlio che stanno portando in carcere per il suo rifiuto al servizio  militare: 'Sono fiera di te'.
Il suo intervento a quella trasmissione, dove si percepiva lo stesso tono di fierezza della madre del film,  fu probabilmente il fatto più  efficace che permise la presa di coscienza di molte persone su quel problema eliminandone per sempre  il tabù ed aiutò sicuramente l'approvazione della prima legge che riconosceva il diritto all'obiezione di coscienza e il servizio civile alternativo.

Ma dopo questa legge, non si è fermata ma ha continuato la sua attivitrà civile su questi argomenti, ma anche  i nuovi che stavano emergendo come la droga. Lei che aveva sempre protetto il proprio privato e l'indipendenza all'interno della famiglia anche dalla presenza di estranei, decise di accogliere  e sostenere un ragazzo che si drogava,  affinchè potesse avere un ambiente  sereno e via dalla strada per potersi disintossicare. Questo quando di comunità terapeutiche e di case-famiglia non c'era neppure l'idea. Purtroppo questo ragazzo non riuscì ad uscire dal suo modo di essere ed ora non so se sia ancora vivo e dove sia.

Così ha affrontato le nuove sfide che venivano a delinearsi nella società italiana, con la stessa apertura che aveva sempre avuto, spesso anche più dei giovani stessi, derivata da una grandissima intelligenza e dalla sua esperienza di vita che le permetteva di capire quali fossero le cose veramente importanti.

Negli anni sessanta mio padre inizia la sua attività di pittore, dapprima come semplice hobby, poi sempre più coinvolto fine a farne la sua professione. In poco più di 30 anni ha dipinto più di 500 quadri, molti di più di quanto abbiano fatto altri pittori affermati in tutta loro vita. E se inizialmente l'attività commerciale poteva fornire i mezzi economici per  affrontare  i costi di questa attività ( quanto ai ricavi sono sempre stati molto pochi, poichè mio padre era assolutamente incapace di accettare i compromessi e  le storture  del mercato e dell'ambiente artistico per poter diventare un pittore alla moda e avere successo commerciale) una volta diventati pensionati le possibilità economiche erano diventate molto più ridotte.  Mia madre, pur con mugugni (e forse neanche del tutto convinti), ha accettato condizioni di vita modeste per lasciare a mio padre la possibilità di continuare a dipingere.
D'altra parte la sua educazione e la vita trascorsa nell'infanzia, portava mia madre a curare e preoccuparsi di cose realmente essenziali, tralasciando qualsiasi cosa che fosse moda o puro capriccio. Un aneddoto  può dimostrare questo suo lato del carattere.
 
Un giorno vedo a casa sua sulla tavola una borsa di Vuitton, e scherzando le dico:"Però! Ci trattiamo bene qui!".  Per risposta  mi  chiede 'Perchè, vale molto? E' un regalo della Rirì"- Io le ho spiegato che in quel momento era la marca più costosa e ricercata sul mercato.
E mia madre: 'Ecco perchè tutti mi guardavano al mercatino oggi'.
Provate ad immaginare una anziana signora modestamente vestita che con assoluta noncuranza mette l'insalata e le cipolle in una borsa di Vuitton! Roba da far uscire assolutamente di senno qualunque donna con un minimo di attenzione e pretese alla moda.  Neanche la regina di Inghilterra avrebbe avuto il coraggio di permettersi tanto!
Ma in realtà lei era così (non  ho mai chiesto, ma sono convinto che anche in seguito abbia continuato ad usarla in quel modo). 
Questo non voleva dire mancanza di buon gusto o di attenzione alle cose belle, anzi la totale indipendenza da quasiasi  condizionamento da idee preconcette le permetteva di formulare giudizi e riconoscere il talento in  modo sicuro e spesso con notevole anticipo sul giudizio degli altri.

Nel 2004, come ha detto in tono scherzoso e tenero sua nuora " è andata ad insegnare al Padreterno come si tiene in ordine l'universo' .
Questa era mia madre, fredda razionale intelligente ed organizzata, indipendente e gelosa dei suoi sentimenti. Una sola volta l'ho sentita piangere, quando morì suo padre, ma chiusa in bagno perchè nessuno la sentisse.  Attenta alle piccole ma anche alle grandi cose,  con  un amore alla conoscenza incredibile (rileggete quando parla della sua biblioteca personale composta da ben due libri) che, nonostante abbia potuto frequentare  la scuola solo fino alla quinta elementare, le ha permesso di raggiungere una cultura vera superiore alla quasi totalità dei laureati oggi. 
 Io stesso ogni volta che ci penso mi stupisco come possa esserci riuscita nonostante la scarsità di mezzi e la mancanza di Internet allora.
Fino alla morte ha continuato a leggere i  libri che via via aggiungeva alla sua "biblioteca personale", nonostante le grossissime difficoltà alla vista derivatele dal glaucoma che la affliggeva.

Ma soprattutto una donna interiormente pulita, che ha saputo mantenere l'innocenza delle sue aspettative di bambina e la fede nelle cose in cui credeva, conscia e  nonostante gli orrori e le atrocità  che la guerra le ha mostrato e le difficoltà e le disillusioni che la vita le ha portato.


note:
1  dolce familiare e tipico a Bologna, semplice e  rotondo fatto con una pasta simile a quella di un biscotto ma lievitata e cotta al forno.



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